Glokal
Grazie all'iniziativa del Comune di Frontone e con il sostegno dell'Associazione Pro-Loco, dal 02 al 31 Agosto 2008 si terrà la mostra dal titolo Glokal degli artisti Francesca Aristei e Roberto Pavoni.
Attraverso una ricerca di natura artistica-antropologica, volgendo una particolare attenzione ai caratteri fisiognomici, i due artisti romani presentano 30 ritratti di alcuni tra i più caratteristici abitanti del Comune.
Le 30 opere -dipinte con le tecniche tradizionali della pittura italiana- saranno esposte nelle sale del Castello di Frontone, per tutta la durata del mese di Agosto 2008.
Il catalogo, presentato dal prof. Marco Bussagli -docente di Anatomia Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Roma, storico e curatore d'arte - sarà disponibile in mostra.
PRESENTAZIONE
Se non fosse un neologismo, "glokal" sarebbe un ossimoro, ossia una di quelle espressioni, perché – sebbene contratta, di espressione si tratta – le quali vogliono esprimere un concetto apparentemente contraddittorio. Come quando festina lente, ovvero "affrettati lentamente", che sembra una contraddizione in termini e, invece, è il motto, ricavato dall’Etica Nicomachea d’Aristotele, che l’imperatore Augusto volle adottare come filosofia del suo modo di fare politica. Il senso, infatti, è assai più profondo dell’apparente contraddizione. Augusto, sulla scorta del pensiero del grande filosofo greco, riteneva che si dovessero ponderare le scelte politiche con grande attenzione, lentamente, senza farsi prendere dalla fretta, ma – poi – un volta presa una decisione, bisognava essere rapidissimi nell’applicarla, senza ritardi e senza tentennamenti. Così "glokal" la “k” serve a fare scena, ma la parola inventata da poco, è la fusione dei due termini inglesi global e local, ossia "globale" e "locale", laddove il primo si riferisce al mondo e il secondo rimanda al borgo, se non addirittura al pianerottolo. Una relazione che potremmo risolvere banalmente con il proverbio che dice: "tutto il mondo è paese", oppure alla quale potremmo attribuire valori più complessi e profondi come il tentativo di mantenere vive e fresche non soltanto le tradizioni locali, ma anche la bellezza e il calore del rapporto umano, senza rischiare di perdere una visione d’insieme, planetaria. Oppure, potremmo pensare che sarebbe bello fare in modo che in ogni posto del mondo ci si possa sentire come a casa propria, cittadini del mondo, o fratelli amati ovunque perché parte del consesso umano. In fondo, sulla terra, ci siamo e allora perché non cercare di capirsi e di accettarsi, ciascuno con i propri difetti ed i propri pregi, ma nel reciproco rispetto? Il rispetto, infatti, è la chiave di volta dell’architettura sociale, ovvero la consapevolezza che la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro. Un concetto facile a dirsi, ma difficile da attuarsi perché, il più delle volte, ognuno di noi è convinto che sia l’altro ad essere ostacolo alla libera espressione della propria personalità e del proprio raggio d’azione; ma, in genere, non è così. Probabilmente glokal vuol dire tutte queste cose insieme e anche molte altre che hanno la pretesa di voler sottolineare l’aspirazione ad un equilibrio sociale difficile da conquistare, soprattutto in un mondo nel quale la sfida della globalizzazione è stata sì lanciata, ma è stata pure male raccolta perché è davvero difficile mettere tutti d’accordo e pensare che il mondo sia la casa comune nella quale tutti hanno un ruolo concertato per il bene comune. Un bene che, inevitabilmente, collide con i piccoli interessi di parte, con il tornaconto personale, quando invece si dovrebbe pensare che le scelte per la salvaguardia del pianeta sono, paradossalmente, quelle alimentate dal più sano egoismo. Anche i fautori del libero mercato e gli imprenditori ad oltranza, quelli che non esiterebbero a vendere le armi al proprio nemico giurato con il solo scopo di fare profitto, dovrebbero pensare che un mondo di morti non può essere un mercato appetibile. Forse un aiuto a comprendere il pieno senso di glokal, ci può venire dall’arte della pittura e certo è che l’impegno di Francesca Aristei e Roberto Pavoni in questo senso, con la loro bella mostra può essere illuminante. Il concetto di umanità, per quanto noto a tutti, è di sicuro un’idea vaga perché l’umanità tutta insieme non l’ha mai vista nessuno e, infatti, spesso si confonde questo concetto con quello di folla, di gente, di massa che è, in certo senso, la declinazione deteriore dell’umanità. Questa, infatti, non è soltanto la moltitudine delle persone che si accalcano per applaudire il papa o per tifare per una squadra di calcio; è quel sentire comune, quel sapere dei sentimenti che accomuna noi stessi agli altri. È quell’essere tutti insieme e ciascuno nello stesso tempo. Se non temessi di sconfinare nella lirica e d’incamminarmi sugli impervi sentieri della poesia e della teologia, dovrei ricordare Dante e la candida rosa o l’aquila della Giustizia divina formata da anime singole che, pur rimanendo tali scompaiono nella forma generale dell’una o dell’altra figura la quale, a sua volta, ha una vita propria (Paradiso XIX, 1-12). A questa sorta di ossimoro visivo guardano tanto Francesca Aristei che Roberto Pavoni, ma ciascuno a suo modo.
Marco Bussagli
martedì 2 settembre 2008
Galleria
Francesca Aristei
"Flora" 70x70
"Nunziatina" 70x70
"La Mulinara" 70x70
"Lina" 70x70
"Tommasino" 70x70
"Lisa" 70x70
"L'Alpino" 90x90
"Vanessa" 90x90
"Baracca" 90x90
"Alice" 110x110
"Edero" 110x110
"Edvige" 70x70
"Suor Maria" 70x70
"Franco" 70x70
"Tino" 70x70
"Il Dottore" 70x70
"Fortunato" 90x90
Link e contatti:
/www.francescaristei.blogspot.com/
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